Il costo totale degli adempimenti fiscali per tutte le imprese e i professionisti del Paese, “pari a circa 6 milioni di soggetti, è cresciuto, dal 2015 al 2017, da 58,1 a 60,4 miliardi di euro circa”, con una salita in valore assoluto di “2,4 miliardi, corrispondente a “una media di 514 euro, passando da 9.577 euro a 10.091 euro per ogni Partita Iva”.
Lo rivela un dossier della Fondazione nazionale dei commercialisti, illustrato stamani dal presidente del Consiglio nazionale della categoria, Massimo Miani, agli Stati generali della categoria, alla Nuvola, a Roma.
Il 'boom' dell'onere degli obblighi fiscali è un aumento dei costi “certo”, afferma il vertice dei commercialisti, a fronte della “aleatorietà delle stime sul recupero dell'evasione”. L'escalation, si sottolinea, è figlia “della nuova strategia di contrasto all'evasione fiscale costruita, negli ultimi tre anni, tramite misure quali reverse charge, split payment, stretta alle compensazioni fiscali, trasmissioni periodiche delle liquidazioni Iva e delle comunicazioni dati fatture emesse e ricevute, fino all'introduzione della fatturazione elettronica obbligatoria nei confronti della Pubblica amministrazione”.
Per Miani, “sommando il gettito atteso di tutte le misure di contrasto all'evasione previste dalle manovre finanziarie per gli anni 2015-2018 con proiezioni fino al 2020, si raggiunge la cifra imponente di 50 miliardi di euro. Si tratta di una strategia essenziale per gli equilibri di bilancio della finanza pubblica, caratterizzata, però, dall'indeterminatezza delle stime relative al recupero di gettito evaso, sempre approssimative e prive di validi fondamenti. Le misure introdotte in termini di nuovi adempimenti fiscali producono, invece, costi certi e incrementali per imprese e professionisti”, chiosa.
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